Arezzo, Badia delle S. Flora e Lucilla, Giorgio Vasari "Incoronazione Vergine"
Il dipinto è costituito da una tavola centinata inserita in una cornice lignea intagliata e dorata i cui scomparti contengono due tavole rettangolari, ai lati, e otto tavole poligonali, sulla parte centinata. Fu eseguito nel 1567 su ordine della famiglia Salviati di Firenze, ma poi ceduto agli Albergotti e collocato nella cappella di famiglia nella pieve. Tra il 1558 e il 1565 Filippo Salviati sovvenzionò importanti lavori al complesso delle Domenicane di San Vincenzo, sorto a Prato a partire dal 1505 e sviluppatosi a seguito della fama raggiunta dalla mistica Caterina de’ Ricci intorno alla metà del secolo. Tali lavori compresero la ricostruzione della chiesa e il coro progettato forse da Baccio Bandinelli. Dalle stesse fonti l’esecuzione dell’opera risulta pressoché contemporanea a quella dell’Assunzione della Vergine per la Badia Fiorentina. Di alcuni anni precedente (c.1560) è L’incoronazione della Vergine in S. Francesco di Città di Castello, eseguita a Firenze per Gentilina de’ Vitelli, con la quale presenta forti analogie.
La tavola è citata anche in altri scritti vasariani, in particolare nelle Ricordanze (n.316, del 1566) si ha notizia dal fatto che, una volta terminata, essa non fu consegnata al committente, ma collocata a Arezzo, nella Pieve, nella Cappella Albergotti. La cappella di cui si parla era situata vicino al presbiterio, a Cornu Evangelii (a destra dell’altar maggiore). La pala è ivi descritta nel 1838 da una guida locale. Fu infine trasportata nella Badia, assieme con l’altare vasariano della Pieve , in occasione dei lavori di ripristino del presbiterio di quest’ultima, nel 1865.
Gli scarsi studi esistenti propongono il problema della partecipazione degli aiuti alla sua realizzazione; l’autografia, comunque, non è messa in dubbio se non da Umberto Baldini, che fa il nome di Giovan Battista Naldini ( Giorgio Vasari Pittore, Firenze 1994, p. 153, nota 76). Paola Barocchi (Vasari Pittore, Milano 1964, pp. 63 – 64) dà un giudizio non positivo del livello qualitativo dell’opera, ma non mette in discussione l’attribuzione. Dalla sommaria descrizione contenuta nelle fonti non risultano accenni agli scomparti laterali e alle piccole tavole sagomate del coronamento. I soggetti raffigurati ai lati (S. Donato; S. Francesco), non ricollegabili in modo diretto con la committenza originaria, potrebbero far pensare ad aggiunte intervenute al momento del passaggio del dipinto agli Albergotti. A differenza delle altre opere del Vasari presenti nella Badia, questa non risulta essere stata sottoposta in tempi recenti ad alcun intervento conservativo. Ad un primo esame si evidenziano lacune e sconnessioni negli elementi lignei della cornice. Nella cornice stessa sono rintracciabili tracce di rimontaggi e sono individuabili alcune integrazioni, che potrebbe risalire allo spostamento in Badia, nel 1865. Allo stato attuale, non essendo ispezionabile, non è possibile esprimersi sulle condizioni del supporto ligneo; sul davanti sono evidenti tuttavia le tracce di fori da tarlo e alcune fenditure nella parte centrale della tavola. La superficie pittorica, ricoperta da depositi vari di polvere, sgocciolatura di cera è assai impoverita e presenta una miriadi di piccoli sollevamenti di colore; non si evidenziano lacune considerevoli.
Una volta rimossa la tavola dalla parete, il cantiere di restauro potrà essere allestito nell’ambito stesso del coro. La superficie pittorica, preventivamente preconsolidata, sarà sottoposta a pulitura e quindi agli usuali interventi di consolidamento, stuccatura e restauro pittorico. Sulla base dei dati desunti nel corso dell’intervento si progetterà infine un più idoneo sistema di rimontaggio nella precedente collocazione.
Costo preventivato del restauro £ 70 milioni.