Jean Petitot
La storia del pensiero scientifico e filosofico ospita grandi figure di filosofi-scienziati, i quali hanno dato un contributo sia alla filosofia sia alla scienza, così come oggi, distintamente, intese. Grandi figure il cui numero, però, non è grande rispetto al numero dei filosofi o al numero degli scienziati; eppure esse punteggiano alcuni dei momenti di maggiore cambiamento prospettico nell’immagine scientifica del mondo. Ancor più rare sono state le figure di filosofi-matematici, o matematici-filosofi. Eppure, di nuovo, è proprio a essi si debbono importanti teoremi, nuove linee di ricerca e alcune delle più profonde riflessioni sulla natura e sulle basi della conoscenza umana.
Nel Novecento, il costituirsi di un’autonoma area di studi denominata “filosofia della scienza” è stata accompagnata dalla necessità, per i filosofi, di competenze scientifiche: se intendevano affrontare seriamente i problemi connessi allo sviluppo della fisica, della biologia e delle scienze cognitive, con riferimento a specifiche teorie e metodologie che richiedono l’impiego di linguaggi formalizzati, i filosofi dovevano disporre degli appropriati strumenti concettuali. Parimenti, per gli scienziati che intendevano riflettere sul discorso, sulla pratica e sul senso stesso dell’impresa scientifica si è delineata la necessità di avere una non superficiale familiarità con il linguaggio filosofico.
Il Novecento è stato anche il secolo in cui, come forse mai prima, il linguaggio, in tutti i suoi aspetti, è diventato tema centrale d’indagine. La filosofia si è trovata non solo a fare i conti con gli sviluppi della linguistica, della semiotica e della semantica formale, ma ha contribuito alla stessa identificazione dei temi di ricerca e alla formulazione di ipotesi esplicative nei confronti di fenomeni, evidenze, dati, fatti in cui il linguaggio è coinvolto. Anche in questo caso c’è stata la fioritura di una vasta area di studi che richiedeva strumenti appropriati: dalla logica matematica alla teoria algoritmica delle grammatiche fino all’impiego odierno dell’informatica nella modellizzazione dei processi cognitivi inerenti al linguaggio.
L’interesse di Giulio Preti per i temi della filosofia della scienza è sempre stato congiunto al suo interesse per le nuove indagini sul linguaggio, considerato sotto il profilo logico, semiotico e fenomenologico. Nel suo intendimento, questo interesse congiunto non preludeva però a una progressiva specializzazione della filosofia né a un generico sincretismo, forzato e privo di effetti pratici, bensì era tratto caratteristico del modo di porsi della filosofia nei confronti della cultura.
Il compito che Preti attribuisce a chi voglia fare il suo “onesto mestiere” impone un distacco dalle ideologie e dalle mode ed è un compito, facile soltanto col senno di poi, che non si esaurisce in tale distacco. La raccomandazione implicita è: non prendere automaticamente per buona l’immagine del mondo offertaci dalla scienza recente e per valida la spiegazione di un fenomeno offertaci dalla più condivisa teoria scientifica. Ma il distacco richiesto impedisce anche di cercare rifugio in una nostalgica visione del mondo, che tipicamente si scopre debitrice di concetti e principi scientificamente obsoleti.
Fra distacco e partecipazione si tratta dunque di trovare un equilibrio, che non esenta i filosofi da ogni altro onere; semmai, li impegna ancora di più nel compito di ordinare il sapere del proprio tempo in una cornice che sia la più ampia e unitaria possibile, esercitando così un’influenza a lungo termine – e sarà, per Preti, un’influenza positiva se aiuterà alla diffusione di una forma mentis: quella di una razionalità aperta, consapevole delle sue potenzialità e dei suoi limiti, che trova riscontro nel metodo scientifico e da qui passa a nutrire il confronto di idee in una società democratica. In un simile spirito di rinnovato illuminismo si mossero anche altri della generazione di Preti, impegnandosi in un’opera di rinnovamento della cultura italiana che passava per la valorizzazione della scienza, ma a differenza di altri alfieri del neo-positivismo in Italia, l’attenzione di Preti verso le idee di frontiera nel campo della matematica e delle scienze naturali andava sempre di pari passo con l’attenzione verso il linguaggio come insieme di strutture semiotiche; ed entrambi i tipi d’attenzione avevano bisogno, per Preti, di essere inquadrati in una più generale filosofia della cultura, che fosse consapevole della genesi storica delle idee.
È infatti percorrendo questa via, che passa per la storicità della conoscenza e della molteplicità dei linguaggi, che Preti giunse a una vivida e appassionata concezione neo-illuministica, dando corpo all’idea di quel “razionalismo critico” che è stato forse l’apporto più significativo e originale dato dalla filosofia italiana nella prima metà del Novecento: un apporto che nel suo mentore Antonio Banfi – ma anche nei modi di raccoglierne l’eredità che altri avevano coltivato – Preti non vedeva pienamente realizzato.
Proprio lungo questa via, così com’è stata qui brevemente ricostruita descritta, è emersa una consonanza profonda con alcuni tratti del pensiero francese del Novecento ed è quanto mai significativo che fuori dall’Italia a testimoniare la maggiore sensibilità verso il progetto di Preti e a condividerne gli aspetti su richiamati, sia stato più d’ogni altro un illustre studioso francese: Jean Petitot .
Nato a Parigi nel 1944, Jean Petitot è uno dei rari filosofi-matematici del nostro tempo. Membro di numerose società scientifiche internazionali, ha ricoperto e ricopre importanti cariche in alcune delle più prestigiose istituzioni della ricerca europea: è oggi direttore al Centro di analisi e matematica sociale, presso l’École des Hautes Etudes en Sciences Sociales, dopo esser stato direttore al Centre de Recherche en Épistémologie Appliquée (CREA), presso l’École Polytechnique, dal 2000 al 2006. Nel 1998 è stato insignito del titolo di cavaliere dell’Ordre nationale du Mérite.
Oltre ad aver dato contributi scientifici che affrontano alcuni fra i maggiori nodi del pensiero contemporaneo specialmente per quanto riguarda la linguistica e l’epistemologia, Petitot ha prospettato soluzioni originali le quali permettono di valorizzare l’apporto della matematica in ambiti dai quali essa era rimasta esclusa o il suo uso era ancora marginale, giungendo infine ad inquadrare le proprie ricerche in una cornice che può ben dirsi “neo-illuministica”, ove tale carattere è da mettere direttamente in relazione con l’eredità del pensiero di Preti, a proposito della quale basti ricordare l’essenziale impulso dato da Petitot affinché Preti fosse conosciuto all’estero, dedicando all’analisi delle sue idee una serie di studi penetranti e favorendo la prima traduzione in francese di una selezione di testi di Preti.
La ricerca di Petitot iniziò mettendo a frutto nell’ambito della semiotica strutturale la sua formazione di matematico e oggi è soprattutto a lui che va il merito di aver mostrato come impiegare la teoria delle singolarità, andando oltre l’impostazione che le aveva dato René Thom, al fine di elaborare modelli morfodinamici di strutture linguistiche (in fonologia, sintassi e semantica). La tesi che Petitot presentò e discusse all’École des Hautes Etudes en Science Sociales nel 1982 s’intitolava appunto Pour un Schématisme de la Structure: de quelques implications sémiotiques de la théorie des catastrophes. Numerosi sono i contributi che in seguito Petitot ha pubblicato su temi semiotici: qui basti ricordare i due volumi Morphogenèse du sens (1985; trad. it. Morfogenesi del senso, 1990) e Physique du sens. De la théorie des singularités aux structures sémio-narratives (1992).
Per capire l’importanza dell’opera di Petitot in ambito semiotico, è sufficiente dire che sono state le sue ricerche a permettere di collegare, in maniera approfondita e sistematica, l’ambito dei modelli matematici per la fisica, l’ambito della morfogenesi in biologia e l’ambito delle scienze cognitive, incrinando così una duplice presunta dicotomia di status e di metodo: quella che tradizionalmente separa la fisica dalle scienze del vivente, e quella che separa le scienze naturali dalle scienze dell’uomo.
Anche l’approccio strutturalista di partenza si è venuto modificando in modo originale ad opera di Petitot, perché proprio la sua attenzione ai processi di formazione di una struttura gli ha consentito di riproporre in nuovi termini una filosofia “trascendentale” delle basi del linguaggio e della conoscenza (La philosophie transcendantale et le problème de l'objectivité, 1991). La stessa attenzione alla morfogenesi lo ha portato poi a una rinnovata indagine, in termini di sistemi dinamici complessi, su temi propri della fenomenologia, ripensati in una prospettiva naturalistica: basti qui ricordare il processo di costituzione della Gestalt percettiva e del significato di un’espressione verbale. Della fecondità di un simile approccio è testimonianza l’organica presentazione offerta nel volume Cognitive morphodynamics, redatto in collaborazione con R. Doursat e pubblicato nel corso di questo stesso anno (2011).
La vasta produzione scientifica di Petitot interessa molte aree di ricerca oltre alla semiotica, spaziando dalla teoria dei sistemi dinamici alla geometria differenziale, dalla logica alle neuroscienze, con particolare riguardo ai modelli dell’architettura neurale della visione. Non meno vasta è stata la sua produzione in ambito filosofico sia per quanto concerne l’epistemologia della fisica sia per quanto concerne la filosofia della matematica. Infine, se è significativo che il matematico Petitot si sia ritrovato a lavorare su temi che appassionarono Preti, è altrettanto significativo che il filosofo Petitot abbia voluto dare alla sua riflessione sul rapporto tra scienza e società un senso quanto mai “pretiano”, riassunto programmaticamente nel titolo di un volume del 2009, che suona infatti: Per un nuovo illuminismo. La conoscenza scientifica come valore culturale e civile.
Per questi motivi, sinteticamente espressi, il comitato scientifico di Pianeta Galileo è stato unanime nell’attribuire a Jean Petitot il Premio Giulio Preti per l’anno 2011.